Siamo figli di un epoca in cui la Pubblicità era qualcosa di grandioso. Grandi agenzie, top Models, negli anni novanta se ne contavano meno di dieci, fotografi epici e soprattutto enormi budget che favorivano la visibilità mediatica dei brand. L’ascesa ma anche il fallimento di una star era affidato ai tabloid e ai media mainstream, la pubblicita era sfacciatamente esplicita, esisteva quella comparativa, ora illregale, i copy erano imperativi e ordinavano senza mezzi termini acquisti, desideri e decisioni. Emergevano e dominavano incontrastate le holding, quelle con i budget immensi, e prima che la
concorrenza potesse sbocciare il mercato era già saturo dei nomi ritenuti certezza; Coca Cola, Nestlè, Barilla, Armani, Dolce Gabbana e Versace. La sarebbe lunga ma non lunghissima, la concorrenza era poca. Ma
come tutte le epoche nessuna è destinata a non finire, nuove forme di consumo si affermano, sbocciano Hm, Zara, Mango, arriva l’uso domestico e poi portatile del web, e tutto a un tratto il mega marketing rivolto alle mega masse deve iniziare a fare i conti con i singoli. La diversificazione diventa massiccia, tanto da aprire infinite forme di mercato che si traducono in altrettante forme di comunicazione. Neanche i supermercati e i centri commerciali sono riusciti a fare cambiare le abitudini dei consumatori quanto l’e-commerce. Oggi è possibile comprare ciò che realmente si desidera e non si è limitati da contingenze geografiche. Questo riguarda gli influencers. Proprio qui entrano in gioco, diciamocelo chiaramente, Louis Vuitton non ha bisogno di Chiara Ferragni, è un big uno di quelli BIG BIG, sta lì, da sempre, comunica e continua a comunicare ma fa gia parte del desiderio dei consumatori. L’influencer che conta si muove su scala diversa, è una persona con piccoli numeri ma follower fedeli, che mirano realmente alle sue abitudini e che traggono ispirazione da quella persona. Ai fatturati di Gucci giova ben poco un post di una baby modella che indossa la sua cinturina ma a una piccola o media impresa, a un artigiano/a, a una sartoria e una realtà locale l’influenza esercitata da una “star” del
web, dove I like si traducono in conversioni di acquisto, può cambiare radicalmente la sua posizione sul mercato. Si tratti di capi alla moda, prodotti cosmetici, ristoranti o resort, a prescindere dal merceologico gli influencer possono affermare marchi altrimenti invisibili. Spesso I grandi brand basano il loro successo prima di tutto su una produzione economica e la commercializzazione con ricarichi altissimi, per cui ci sono ampi margini da destinare alla pubblicità, diversamente i prodotti di qualità dove il margine di guadagno si abbassa notevolmente sono da ricercarsi spesso tra artigiani e piccole imprese che non possono investire in pubblicità. Il più delle volte i prodotti #cruelityfree o #faretrade sono di nicchia e sa non fosse per gli influencers non riuscirebbero a penetrare il mercato.
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