Il bicchiere, mezzo vuoto o mezzo pieno. No, non parleremo di questo.
Torniamo al nostro bicchiere. È di vetro. È trasparente. È di chiunque lo voglia usare ed è disponibile gratuitamente.
Viene Tizio e lo riempie d‘acua, lo beve.
Viene Caio e lo riempie d’acqua, lo offre a Tizio.
Viene Sempronio, lo riempie d’acqua e ne offre un poco a ciascuno.
Viene Pinco e inizia a miscelare sapori, una centrifuga piena di frutti esotici e ghiaccio, è buonissima ma non piace a Pallino che opta per sapori più freschi, gli piace solo la limonata.
Viene l’Uomo x e inventa un coxktail alcolico, lo mette nel bicchiere, lo beve e lo vende.
Viene l’uomo Y e nel cocktail ci butta una pasticca che risulterà letale per chi ha bevuto da quel bicchiere.
Viene l’uomo Z prende il bicchiere, decide di non riempirlo ma di usarlo per colpire in testa l’uomo ragno.
Caspita questo bicchiere offre proprio tante possibilità, il bicchiere non è buono o cattivo, bello o brutto, ben fatto o mal riuscito, il bicchiere è un contenitore a disposizione di chi lo vuole riempire o usare in qualche modo alternativo (in un bicchiere si possono persino piantare i fagioli). Chi lo riempie sceglie che farne, tenerselo, offrire, condividere, farne un uso improprio.
insomma questo bicchiere ci offre proprio l’idea di cosa siano i social media: contenitori virtuali e vuoti, all’individuo la scelta di come usarlo, come riempirlo, come accettarlo, come fruirlo.
Ovvio e banale? Purtroppo no, c’è ancora gente che dice Il bicchiere ti fa male, non il cocktail nel bicchiere ti fa male, e alla pari c’è gente che dice Facebook fa male, ma personalmente devo ancora vedere la “entità facebook o l’essere Instagram” rincorre persone e percuoterle.
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